Un vecchio mago, ultimo depositario di tutti gli arcani segreti
dell'universo, viene pregato da una ragazza di adoperare le sue magiche
virtù per liberare il suo paese dall'incubo di un terribile drago, cui
il pavido re Cassiodoro offre periodicamente in sacrificio una fanciulla
estratta a sorte tra le vergini del villaggio, affinchè il mostro si
astenga da ulteriori devastazioni. Il mago accetta, ma prima ancora di
intraprendere la sua missione viene ucciso da una guardia del re. A
raccogliere l'eredità del negromante è il suo giovane apprendista, che a
parte la buona volontà non ottiene altro che insuccessi continui,
causando anche involontariamente una devastante rappresaglia del mostro.
Dopo che la stessa figlia del re, per anni esclusa dal padre dal sorteggio, diviene per propria voontà vittima del drago, il vecchio mago risorge dalle sue stesse ceneri e porta a termine la missione sacrificando la sua vita e portando via con sè, per sempre, i segreti della magia.
Dopo che la stessa figlia del re, per anni esclusa dal padre dal sorteggio, diviene per propria voontà vittima del drago, il vecchio mago risorge dalle sue stesse ceneri e porta a termine la missione sacrificando la sua vita e portando via con sè, per sempre, i segreti della magia.
È difficile comprendere come, talvolta, film di pregevole
fattura, con tratti anche fortemente innovativi, restino confinati a
lungo nell’oblio a causa di una infelice accoglienza, rimanendo poi
estranei, anche in tempi più maturi, al circuito della grande
distribuzione.
Riguardo Dragonslayer, risulta ancora più arduo spiegarsi il perché,
in un momento di grande fortuna del cinema fantasy, un momento in cui
trapela interesse anche verso la sua storia passata, questo gioiello non
riceva l’attenzione che merita.
Quando il film uscì nelle sale, nel 1981, nonostante il battage
pubblicitario piuttosto imponente, non riscontrò grande successo,
recuperando solo una minima parte degli ingenti costi di produzione. Le
critiche furono innumerevoli, per lo più superficiali e condizionate da
evidenti pregiudizi, in larga parte incentrate sull’eccessiva violenza
delle scene e sull’atmosfera ritenuta esageratamente lugubre, funerea,
quasi morbosamente tetra, caratteristiche che mal si sposavano con una
produzione Disney rivolta a spettatori di fascia giovanile.
In effetti, l’ottimo lavoro diretto da MATTHEW ROBBINS (già
co-sceneggiatore di Incontri ravvicinati del terzo tipo),
sorprendentemente maturo e avvincente, risulta godibile anche – se non
soprattutto – dal pubblico adulto, che può meglio apprezzarne proprio
quell’oscura atmosfera, così aderente all’ambientazione nordica,
ricostruita attraverso tinte tali da renderla coinvolgente e
singolarmente credibile.
La trama narra le vicissitudini dell’antica città di Urland,
costretta a un atroce patto sotto il giogo del vecchio e crudele drago
Vermithrax, che minaccia lo sterminio delle genti inermi: ad ogni
solstizio una giovane vergine viene sorteggiata per essere offerta in
sacrificio alla creatura.
I cittadini, stremati da questa terribile consuetudine, nell’estremo,
disperato sforzo di salvare le proprie figlie, cercano l’aiuto di un
vecchio e potente stregone di nome Ulrich.
Il mago si assume il compito di uccidere Vermithrax, ma viene
malauguratamente assassinato da una guardia del meschino re di Urland,
il quale, avendo segretamente escluso dallo sciagurato sorteggio la
principessa Elspeth, sua figlia, preferisce tenere in vita la tragica
usanza piuttosto che rischiare di scatenare irrimediabilmente la furia
del drago.
Sarà allora Galen Badwarrick (PETER MACNICOL, oggi noto attore
televisivo, protagonista di serie di successo come Ally McBeal e
Numb3rs), il fidato apprendista di Ulrich, a portare a termine la
missione in luogo del maestro, e a contrastare le macchinazioni dello
stesso sovrano.
Recatosi alla tana di Vermithrax all’interno di una montagna, Galen
riesce a sigillarne l’ingresso facendolo crollare con un potente
incantesimo. La gente di Urland lo accoglie allora come un eroe, ma i
guai non sono certo finiti…
L’enorme rettile, troppo possente per morire in modo così banale,
resta imprigionato tra le macerie della sua tana solo per poco; Galen è
pertanto costretto ad affrontarlo di nuovo. Questa volta il giovane
decide di farlo con l’aiuto di una magica lancia ammazzadraghi, la
Sagittarius Dracorium, forgiata grazie a un potente talismano
lasciatogli dal maestro.
Protetto da uno scudo di scaglie di drago donatogli da Valerian, una
bella fanciulla di Urland di cui si è intanto innamorato, Galen decide
di attaccare ancora Vermithrax nella sua tana. Lo scontro è drammatico,
caratterizzato da toni epici e da un ritmo incalzante; il giovane riesce
a ferire il drago e a ucciderne i cuccioli, ma la stanchezza sembra poi
prendere il sopravvento su di lui, lasciandolo alla mercé del vecchio
drago.
Subentra allora il colpo di scena, forse discutibile: gettando le
ceneri del maestro nel lago di fuoco all’interno della caverna, Galen lo
fa tornare in vita, così i due stregoni, unendo le forze, possono
finalmente sconfiggere Vermithrax e liberare Urland.
La pellicola è davvero imperdibile per chi ama il cinema fantasy, un
piccolo classico nel quale gli stereotipi del genere vengono riletti con
efficace originalità, ritmo coinvolgente, atmosfere fortemente
evocative e con una consapevolezza inattesa per quegli anni.
Gli aspetti tecnici, poi, rappresentano il vero punto di forza del
lavoro; l’uso della fotografia è sapiente, e le luci sono abilmente
sfruttate in funzione di una scenografia tesa e oscura. L’animazione in
computer graphic, quasi impensabile nel 1982, costituisce un
sorprendente valore aggiunto e permette di dar vita a Vermithrax con
grande realismo. Il film infatti è il primo a usare la tecnica della
go-motion che prevede l’utilizzo di miniature meccanizzate mosse dal
computer.
Solo il finale pare eccessivamente teatrale; così fortemente
condizionato dal deus ex machina del sortilegio che permette la
resurrezione di Ulrich. Una trovata un po’ troppo “comoda” e frettolosa,
che consente al regista di salvare Galen da una situazione
apparentemente compromessa.
Questa nota critica non deve però influenzare il giudizio complessivo
su di un film che merita una più che attenta visione, una pellicola nei
riguardi della quale le due candidature al premio Oscar, per gli
effetti visivi e per le straordinarie, lugubri musiche di ALEX NORTH,
rendono solo parziale giustizia.
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